Il ddl 735 tra astuzie e ingenuità
Marino Maglietta – I contenuti del ddl 735 sulla riscrittura dell’affidamento condiviso presentano tali scompensi rispetto agli scopi annunciati che si può essere perfettamente comprensibili nell’evidenziarli anche spendendo un minimo di parole.
Se il sistema legale non avesse avversato e sabotato il modello bigenitoriale oggi non esisterebbe alcun problema. Si parla di “legge tradita” perché la si considera inosservata, ovvero si ammette che le sue prescrizioni non siano rispettate, ovvero che il sistema legale non voglia saperne di un modello del genere. Questo, però, vuol dire che anche oggi ci si deve attedere che ogni minimo spiraglio verso la disapplicazione dei principi che la nuova proposta possa offrire sarà accuratamente cercato e abilmente sfruttato; che le sue smagliature siano auspicate e gradite, per la possibilità che darebbero di ripetere il gioco di continuare come nulla fosse.
Questo vuol dire che nella redazione di un nuovo testo di legge si dovrebbe fare ogni sforzo per non offrire il fianco a una strategia del genere. Questo vuol dire che non ci si può limitare ad affermare dei principi, ma occorre blindarli attraverso prescrizioni ineludibili e ferrei paletti a difesa di essi.
Ora, il ddl 735 fa esattamente il contrario. Concede sconti e apre varchi di grandezza autostradale, rendendo possibili perfino soluzioni più arretrate di quelle praticate attualmente. Quali siano queste criticità è stato più volte segnalato, per cui può bastare accennare giusto alle principali. Perché affiancare alla pariteticità dei tempi la loro “equipollenza” (ossia la qualità al posto della quantità)? A quali situazioni è riservata la possibilità che il giudice scenda a 12 giorni al mese anche quando sarebbe praticabile la pariteticità? Perché aggiungere una ulteriore attenuazione smantellando pure questa pseudo-garanzia inserendo opinabili eccezioni per “danno psicofisico”? Perché rimpinzare il testo di parametri metagiuridici, che danno al giudice un potere discrezionale immenso ? Perché inserire riferimenti alla “residenza abituale”, anticamera precisa e diretta del “genitore collocatario” che si dice di voler sopprimere? Perché lasciare in vita tutti gli stravolgimenti dell’affidamento condiviso introdotti in palese eccesso di delega dal decreto filiazione? Perché conservare la classificazione delle spese in “ordinarie” e “straordinarie”, ovvero entro e fuori assegno, se davvero si vuole il mantenimento diretto? Perché non limitarsi a ridepositare e far calendarizzare un testo che, a partire dal ddl 957 del 2012 e attraverso la pdl 1403 del 2013 e il ddl 2014 del 2015, aveva raccolto il consenso di tutte le forze politiche e delle associazioni di genitori?
Difficile dare risposta a tutti questi imbarazzanti quesiti. La spiegazione più semplice e banale invoca l’ingenuità dei redattori. Tuttavia, il numero e la pesantezza delle criticità invoglia a pensare ad altro. In questo senso può soccorrere il tipo di critiche ricevute da chi notoriamente e da sempre osteggia la bigenitorialità. Sono già uscite, infatti, una quantità di note, siglate da prestigiosi commentatori appartenenti all’avvocatura. Si sono lamentati, ovviamente, i proclamati obiettivi, ma neppure una parola su quanto sopra, ovvero sulle numerose aporie e soprattutto sulle contraddizioni e conseguenti scappatoie che la formulazione offre in abbondanza. Solo “sociologia”, solo opinabili previsioni. Allora è istintivo osservare che in fondo anche i redattori del ddl 735 appartengono pressoché esclusivamente all’avvocatura e che i principali rappresentanti dell’avvocatura di famiglia – quelli notoriamente e da sempre di provata fede monogenitoriale - sono stati ricevuti dai firmatari del ddl il giorno stesso del suo deposito, nonché nella stessa occasione dal Ministro della Giustizia. Inevitabile pensare a un accordo piuttosto che a una serie di ingenuità; a una trattativa, sia pure condotta in modo maldestro. E’ solo una ipotesi, ma plausibile. Si attendono, e si sperano, concrete smentite: non a parole. Altrimenti è logico chiedersi da che parte stiano i protagonisti di questa vicenda.
D’altra parte tutto questo, se così sono andate le cose, è “normale”, rientra nel gioco dei poteri e della politica. Non è forse accaduta la stessa cosa con il già citato D.lgs 154/2013, quando in fase di preparazione sono state audite solo le stesse organizzazioni, tutte interne al sistema legale, che di nulla si sono accorte (ufficialmente), e hanno accompagnato con elogi e complimenti il varo di un documento a commento del quale è stata poi scritta una monografia di 58 pagine, intitolata “L'illegittimità formale, l'illegittimità sostanziale e l'inadeguatezza strutturale del decreto legislativo n. 154 del 2013” (R. Russo, in Giustizia Civile.com, 16 novembre 2016) ?
Quindi, sinceramente, nessuna meraviglia. Molto stupore, invece, ma proprio tanto, nei confronti di quelle associazioni di genitori sicuramente interessate alla bigenitorialità che si stanno spellando le mani per sostenere un progetto suicida.