In Senato ancora un'interrogazione per il condiviso vero
DIVINA - Al Ministro della giustizia. -
Atto n. 4-03433, Pubblicato il 12 febbraio 2015, nella seduta n. 390
Premesso che:
nella comunità scientifica si intende normalmente come affido materialmente condiviso (shared custody) quella forma di affido in cui non meno del 33 per cento del tempo (e fino al 50 per cento) viene trascorso dal minore, dopo la separazione dei genitori, presso ognuno dei genitori;
è di recente pubblicazione il testo "Wechselmodell" nel quale la professoressa dell'università di Norimberga Hildegunde Sunderhauf ha selezionato gli unici 50 studi sulle modalità di affido dei minori, pubblicati tra il 1977 e il 2014, su riviste internazionali scientificamente riconosciute. Nella sua metanalisi l'autrice ha analizzato in modo rigoroso le conclusioni dei singoli studi e le loro interazioni, traendone una valutazione complessiva, le cui considerazioni finali appaiono inequivocabili: 2 studi (4 per cento) hanno dato risultati negativi rispetto all'affido materialmente condiviso; in 11 studi sono stati segnalati effetti negativi neutralizzati da altri effetti positivi; mentre 37 degli articoli presi in considerazione (74 per cento), hanno prodotto inequivocabili risultati positivi per l'affido materialmente condiviso;
sulla rivista dell'Associazione degli psicologi americani (APA) è stato pubblicato recentemente un articolo scientifico che contiene una revisione metanalitica dei più autorevoli studi mondiali sul tema dell'affido condiviso di bambini sotto i 4 anni. L'articolo conclude testualmente: «In generale i risultati degli studi rivisitati in questo documento sono favorevoli ai piani genitoriali che bilanciano il tempo dei bambini piccoli tra le due case in modo il più uguale possibile. Il pernottamento dei bambini nella casa del papà non crea problemi, ma favorisce nei bambini la consapevolezza che l'accudimento è compito di entrambi i genitori e non di uno solo di loro. (Warshak, 2014)»;
lo studio svedese del 2013 di Malin Bergstrom in collaborazione con l'università di Stoccolma e l'istituto "Karolinska" ha poi evidenziato su 164.580 ragazzi svedesi che i parametri migliori relativamente a disturbi psicosomatici, benessere fisico, psicologico e sociale, malattie mentali e insoddisfazione circa le relazioni coi propri genitori sono quelli di coloro che vivono in famiglie intatte, ma i minori che trascorrono tempi sostanzialmente eguali presso i due genitori si confermano la miglior struttura familiare tra tutte quelle delle famiglie separate;
la grande ricerca di Jablonska Lindbergh su 15.428 undicenni, tredicenni e quindicenni ha rilevato positive influenze dell'affido paritetico sull'eventuale uso di droghe, tabacco, alcool, sulla vittimizzazione (intesa come bullismo e violenza fisica agiti e subiti) e soprattutto sul distress mentale. Benefici della residenza alternata assolutamente analoghi sono stati inoltre riconosciuti dalla grande ricerca statale correlata al sondaggio nazionale svedese condotto nell'autunno 2009 da "Sweden statistics" per conto del Ministero degli affari sociali: il doppio domicilio risulta anche qui, nell'indagine ministeriale di un Paese noto per la sua serietà e il suo welfare, la miglior sistemazione tra tutte quelle dei figli di coppie separate: si dimostrano minori rischi per bullismo, insoddisfazione scolastica, bassa qualità di vita e malattia psichica;
un'altra ricerca pubblicata su "Children & Society" nel 2012, condotta da ricercatori indipendenti delle università di Bethesda, della Groenlandia, di Stoccolma, di Yvaskula (Finlandia), di Copenhagen, di Akureyri (Islanda), di Goteborg, su 184.496 minori in 36 società occidentali (Italia inclusa), ha osservato che i bambini che vivono in sistemazione di collocamento materialmente congiunto (con suddivisione approssimativamente paritaria dei tempi) riportano un più alto livello di soddisfazione di vita rispetto ad ogni altra sistemazione di famiglia separata, solo un quarto di rango (pari a 0,26 punti) più basso dei bambini nelle famiglie unite;
considerato che:
la distribuzione dei tempi di coabitazione in uso presso i tribunali italiani non segue però queste linee scientifiche e, come si può vedere anche dalle bozze di separazione consensuale pubblicate sui siti di alcuni tribunali, essa non si discosta da distribuzioni standard molto asimmetriche: circa l'83-85 per cento del tempo con un genitore, quasi sempre la madre, e circa il 17-15 per cento con l'altro genitore, quasi sempre il papà. Ciò comporta facilmente la perdita di una figura genitoriale con danni di natura psicologica e sociale, che appaiono già nei primi anni, ma spesso si accentuano nell'età della adolescenza: dispersione scolastica, gravidanze indesiderate, povertà, tabagismo, tossicodipendenza, microcriminalità e altro;
con questo orientamento l'Italia si colloca agli ultimi posti in Europa in quanto a difesa del diritto del minore alla bigenitorialità, come espresso con importanti ricerche comparative presso il Parlamento europeo e l'Alto commissariato per i diritti umani dell'ONU, dal pediatra Vittorio Vezzetti; i minori sono quindi particolarmente esposti a notevoli danni per la salute essendo ormai comprovato che la monogenitorialità e la carenza di cure possono portare a danni bioumorali, ormonali e persino cromosomici (attraverso un danno della porzione telomerica dei cromosomi che rende quest'ultimi più sensibili a fattori di stress con conseguente aumento di numerose malattie tra cui i tumori),
si chiede di sapere quali siano gli orientamenti del Ministro in indirizzo al riguardo e se non ritenga, nell'ambito delle proprie competenze, di promuovere iniziative conseguenti di fronte a questa evidente contraddizione tra risultanze scientifiche e prassi giudiziarie, al fine di tutelare le generazioni future, che sempre più spesso si trovano a fronteggiare la separazione della propria coppia genitoriale (circa 80-90.000 minori ogni anno) secondo modalità tutt'altro che ottimali.
(da: http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/showText?tipodoc=Sindisp&leg=17&id=902854)